Formazione del personale al Piccolo Rifugio, anno 2014
17 Ottobre 2014
Mariagrazia Degano e Vittorio Michelutti, nozze d’oro alla Domus Lucis
21 Ottobre 2014Lucia Schiavinato: esercizi spirituali del 1939

Il 1939 fu un “annus terribilis” non solo per Lucia Schiavinato, ma per il mondo intero. Quando il 1 settembre Hitler invase la Polonia, la morte aveva già invaso due volte la vita di Lucia: in maggio le era morto il nipotino e in giugno il papà.
Lucia vive l’accompagnamento ultimo del padre nell’ora della morte come “il momento più alto della mia vita”, e osserva: “Ora, mi pare, sarei disposta a qualunque altro sacrificio. Come si orienterà ora la mia vita terrena ?”
E’ con tali sentimenti e domande che Lucia vivrà gli esercizi spirituali dal 29 settembre al 6 ottobre 1939.
Li inizia dopo due mesi intensissimi dedicati alla organizzazione di ben sedici corsi di esercizi spirituali, in parrocchia a San Donà, con ben 1300 partecipanti, tra giovani, adolescenti, signorine, studenti, donne.
Dal 24 al 28 settembre c’è la visita pastorale del vescovo di Treviso, Antonio Mantiero, il quale può constatare, tra le novità parrocchiali più importanti, la recente nascita del Piccolo Rifugio.
Lucia ora ha bisogno di fermarsi dopo questa mole di impegni e gli eventi familiari che l’hanno segnata. Ma ancor di più sente che con questo ritiro “deve iniziare la mia conversione totale”.
Nell’impossibilità di partecipare ad un corso di esercizi organizzato, comunica al suo direttore la decisione di viverli “in casa”. Scrive infatti: “Mi chiuderò letteralmente in casa. Non potrei fare altrimenti, dovendo star tranquilla. Lascerò suonare il campanello…”. Così si chiude nella propria abitazione, congeda la domestica, dando disposizione di lasciarle la posta dietro la porta. La giornata inizierà alle 5 del mattino con la messa, poi rimarrà chiusa in casa tutto il giorno fino alle 23, quando si recherà nella cappellina dell’orfanotrofio per la preghiera davanti all’Eucaristia fino alle 5.
Ogni giorno Lucia, per obbedienza al suo direttore, traccia il resoconto delle riflessioni ed esperienze vissute nel ritiro. Queste poche e intense pagine ci aiutano ad alzare il velo sulla vita intima di Lucia con il suo Signore, e poter così intuire quanto è passato nel suo cuore, in quelle giornate di silenzio e solitudine.
Per chi legge, oggi, quelle righe, la prima impressione è di trovarsi come Mosè davanti ad un roveto ardente, che brucia senza consumarsi. Lucia annoterà subito, all’inizio del ritiro: “L’Amore bruciante ha bruciato”.
Anni dopo scrive alle sue compagne che se l’impegno a servire può apparire pesante è forse “perché non siamo totalmente entrate nel clima arroventato del fuoco che Egli è venuto a portare sulla terra, e dall’impazienza divina che si accenda” (3-10-1965).
Per Lucia, totalmente immersa in quel “fuoco”, quei giorni ardenti le rivelano in maniera precisa “la vocazione di vittima”. La spiritualità di vittima, o spiritualità oblativa, è un “sì” detto all’Amore, non solo con le parole, ma con la vita, con l’accettazione umile e fedele della croce quotidiana.
E’ una chiamata, questa, che per Lucia si delinea mentre è davanti al tabernacolo, “appoggiata all’altare dove ogni giorno si rinnova il sacrificio”. Qui sta il segreto di chi è chiamato a fare della propria vita un dono totale: l’Eucaristia.La santità del cristiano è santità eucaristica. Lucia lo sa bene: non ci si può limitare a celebrare l’Eucaristia, ma si deve essere Eucaristia. E’ una chiamata a vivere con Gesù e come Gesù, con semplicità, modestia, umiltà, senza pensare di dover compiere cose eccezionali.
In quei giorni di intensa intimità con il Signore Lucia avverte un forte richiamo ad “una rinuncia totale a tutto: riposo, cibo…” Ma si chiede come potrà avvenire tutto ciò se il Signore la chiama a “consumare l’energia fisica in un lavoro a volte estenuante”. Ancora una volta Lucia comprende che il Signore non mette dei pesi, ma invita a vivere le sue chiamate nella pace e con gradualità. Ciò che conta è la decisione del cuore. Dio non domanda troppo, domanda tutto. Ma il “tutto” è “tutto” quello che in quel momento tu gli puoi donare. Sarà a lui a portare a compimento ciò che inizia in te.
“Raggiunta la spogliazione completa l’anima sarà in grado di avvicinarsi al divino modello… Ecco delinearsi i caratteri della funzione riparatrice”. Così Lucia esprime il senso di una vita ascetica che non ha come fine la ricerca di meriti di fronte a Dio, con prestazioni di tipo punitivo: ciò che conta è il voler collocare la propria vita nel campo sconfinato dell’amore cristiano. Unita a Cristo, Lucia vive il desiderio ardente di sostituirsi a coloro che hanno dimenticato il valore e il motivo del sacrificio della croce. E’ l’amore che “ripara” la frattura degli uomini con Dio e tra di loro, non il dolorismo. Certamente un amore serio, non una superficiale emozione.
L’esperienza e le riflessioni di Lucia sono state oggetto di meditazione negli esercizi spirituali a Camposampiero. Un tempo forte di silenzio e preghiera, vissuti nei luoghi dove Antonio di Padova trascorse gli ultimi giorni della sua vita. Anche lui testimone di un fuoco di amore che lo faceva ardere, diventando così autentico “riparatore” di quelle ferite che segnano il cuore di chi si allontana da Dio. I tempi possono cambiare, ma rimane sempre vero, per ogni ora della storia, che “l’inferno s’apre sulla terra, nella misura in cui l’uomo si sottrae, folle, alla purezza della tua passione, o Cristo”, come scrisse il poeta Ungaretti durante la seconda guerra mondiale.
Gli amici di Dio, come Antonio e Lucia, sanno che sarà grazie anche alla loro piena partecipazione all’Amore che si potrà chiudere l’inferno sulla terra e impedire quello eterno.