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Suor Maddalena Volpato e Lucia Schiavinato

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Suor Maddalena Volpato e Lucia Schiavinato

12 Marzo 2024
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MADDALENA VOLPATO
Maddalena nasce a S. Alberto di Zero Branco (Treviso), il 24 luglio 1918. È l’anno in cui la diciottenne serva di Dio Lucia Schiavinato, ritorna a San Donà, dopo essere stata sfollata a causa della guerra e inizia la sua azione sociale di recupero dei disabili, anziani, bambini, impregnata di forte fede eucaristica. Maddalena sembra essere come quei piccoli fiori di montagna che si percepiscono prima che con la vista con il naso, per l’intenso profumo che emanano.
L’ambiente familiare di Maddalena, pur in un tempo difficile come quello del dopoguerra, è sereno. Educata alla pietà tradizionale, Maddalena vive un rapporto con Dio intenso, che verrà alimentato dopo la prima Comunione, ricevuta a sei anni, con la partecipazione quotidiana alla messa. A 7 anni riceverà la Cresima dal beato Andrea Giacinto Longhin. Quanto all’istruzione scolastica, Maddalena frequentò solo le tre classi elementari. Altro ambiente educativo fondamentale fu la parrocchia, tra le “figlie di Maria” e nella “Gioventù femminile di Azione Cattolica. Diventa pure aiuto catechista e in seguito catechista. Si capiva che in Maddalena c’era una chiamata del Signore. Gli si aprì la via della vita consacrata presso le Suore Domenicane di santa Caterina da Siena, presso l’Ospizio Zalivani di Treviso. Dopo tre anni però decise di lasciare l’Istituto, e Il suo direttore spirituale, un padre Carmelitano, la indirizzò verso le Suore Terziarie carmelitane di Santa Teresa di Firenze. A Treviso queste suore avevano un importante casa allo Zanotti, dove da qualche anno si trovava la chiesa dell’adorazione perpetua, voluta dal Vescovo Longhin, dopo il congresso eucaristico del 1921, e dove Lucia Schiavinato aveva dato il suo contributo di riflessione. Maddalena accettò, attratta dal suo amore per la vicenda spirituale di Teresa di Gesù Bambino e della sua “piccola via”, e per l’adorazione di Gesù nell’Eucaristia. Purtroppo la permanenza durò solo tre mesi, in quanto dovette tornare a casa per motivi di salute
Riprese la vita in famiglia e in parrocchia, in un atteggiamento di fiducioso abbandono in Dio., Maddalena visse anni di fecondi di esperienze umane e spirituali. Ma i tempi di Dio stavano maturando per l’approdo alla consacrazione. Grazie ad una amica, Maddalena conobbe il nuovo istituto delle “Figlie della Chiesa”, fondato da Madre Oliva Bonaldo, accoglieva anche ragazze deboli di salute. In quegli stessi anni Lucia Schiavinato, accoglieva nel suo Istituto secolare anche ragazze fisicamente disabili. Fu così che ai primi di ottobre del 1943 Maddalena si recò da Madre Oliva, che rimase favorevolmente colpita dal suo carattere volitivo e confesserà: “I suoi gradi occhi celesti rivelavano d’aver contemplato a lungo il cielo, e ne erano così pieni che l’accettai senz’altro”. Si decise che sarebbe entrata il 23 ottobre a Treviso nella casa “Sancta Dei Genitrix”, durante i primi vespri di San Raffaele Arcangelo. Madre Oliva dirà che “Maddalena comprese immediatamente lo spirito contemplativo della Congregazione…Non aveva molte doti naturali, fu quindi occupata nel disbrigo delle faccende di casa…” In quella congregazione semplice povera che viveva come la povera gente di scambio di mano d’opera e di viveri da una casa all’altra, Maddalena si trovò bene Lo scrittore Igino Giordani, un altro amico di Lucia Schiavinato, definì quelle suore: “carmelitane in bicicletta”. Maddalena fu destinata alla diffusione della stampa religiosa per far conoscere il pensiero del Papa e del Vescovo. Il 30 maggio 1944 iniziò il noviziato, trasferito per sicurezza a Venezia, dopo il bombardamento di Mestre. Fu un periodo intenso di sacrifici, di preghiera, di attenzione per i più poveri, per i soldati, i carcerati.
Nel novembre del 1944 Maddalena manifesta un appesantimento della persona, con lentezza nei movimenti, e con un grosso foruncolo sulla guancia sinistra, ma soprattutto con l’incurvarsi del collo. Sullo sterno apparve una piccola noce che sporgeva. Il medico che la visitò non capì la gravità del male e la invitò a lavorare, perché così sarebbe dimagrita. L’ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani fu decisivo per Maddalena. Madre Oliva aveva costruito l’edificio spirituale del suo istituto sulle parole di Gesù: “Padre, ti prego che siano una cosa sola, perchè siano una cosa sola come noi”. La spiritualità dell’unione e l’anelito dell’unità erano il cuore del carisma. Il 18 gennaio 1945, lo Spirito Santo si servì delle parole di Madre Oliva per accendere in Maddalena il desiderio di dare la vita per l’unità dei cristiani. Maddalena chiese a Madre Oliva il permesso di dare la vita per l’unità della Chiesa, e la madre rispose, senza dare troppa importanza: “Sì tutte le Figlie della Chiesa devono essere disposte a dare la vita, fallo anche tu…”
Il 25 gennaio, Maddalena non poté muoversi dal letto, faticosamente alzava appena la testa. La radiografia mostrò che dalla quinta vertebra usciva una linea nera: morbo di Pott, con ascesso ossifluente: tubercolosi ossea alle vertebre. Venne ordinato l’immediato ricovero all’ospedale al mare, e subito la Madre Oliva capì che il Signore aveva accolto l’offerta di Maddalena.
Ricoverata, il 6 febbraio 1945 presso l’ospedale al Lido, fu messa in trazione, con pesi alla testa, poi ingessata dal capo a tutto il tronco. Poteva muovere solo le braccia. Subentrò la pleurite. Il 18 maggio 1945 emise la professione dei voti religiosi come Figlia della Chiesa (vent’anni prima veniva proclamata santa Teresa di Gesù Bambino) Rinnovò l’offerta della vita per l’unità. Ad un’amica confidò: “Che importa che io viva o che io muoia, sono del Signore”. Poi scherzando disse: “Che Marito abbiamo, ma sono contenta. Delle volte vorrei camminare e alzarmi, correre, ma lui mi tiene qui”. Ripeteva:” Per te Gesù, per le anime! Per la Chiesa, la sofferenza accettata per amore ha un valore grande per la Chiesa”. A chi le diceva che invece di lamentarsi poteva chiedere anime a Gesù rispose: “Quando ho i dolori acuti non ho che la forza di dire “ahi!” Sono però d’accordo con Gesù che ad ogni lamento lui mi deve dare un’anima!”: A chi scherzando le diceva che forse non pensava che il Signore l’avesse presa in parola, rispose: “Ma io non mi pento, sono contenta. Mi basta che mi dia la forza”
Dopo aver ricevuto, Il 6 gennaio 1946, l’Unzione degli Infermi. disse: “Non morirò adesso, morirò nel mese di Maggio, nel mese della Madonna”. Una testimone così descrive l’inferma: “Maddalena era ormai tutta piena di pus, ne aveva una grande sacca sulla fronte. Il collo era aperto sulle spalle piagate, la spina dorsale era scoperta sì da vederne il midollo spinale…nelle vertebre della gabbia toracica si erano aperte alcune cavità donde usciva il pus…Tutto il corpo era contratto a forma di gomitolo. I piedi erano gonfi come due palloni. E dal suo corpo emanava un fetore insopportabile di carne putrefatta. La notte tra il sabato 25 e domenica 26 fu straziante, gridava: Gesù mio, Gesù mio, Madonnina mia”. Morì il 28 maggio alle zero e quindici. Madre Oliva, trattenuta a Roma, arrivò alle prime ore del giorno. Alla notizia della morte gli ammalati, i medici e gli infermieri, chiedevano di poter toccare con le corone del rosario e altri oggetti la salma. Il popolo testimoniava la fama di santità di questa giovane, umilissima suora.

don Antonio Guidolin

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